giovedì 31 luglio 2014

Una buona azione


Dicono che fosse stata staffetta partigiana, ma che poi una lesione organica cerebrale, debellata chirurgicamente, avesse generato quello strambo rovesciamento.
Fatto sta, che girava per la città urlando periodicamente che si era governati da ladri e puttane e concludendo invariabilmente con l'invocazione venisse un re o un duce con cento legni per bastonarli tutti! 
Era, o pensava di essere, la portinaia di uno stabile di via dei Cattaneo e quotidianamente non solo spazzava il tratto di strada prospiciente il portone, ma per zelo civico e ossessione compulsiva, finiva per ramazzare l'intera via, o quasi.
Una mattina passavo di lì con i miei due bambini, Matteo (all'anagrafe, Matteo Guevara) di 4 anni ed Enrico (che di secondo nome avrebbe dovuto chiamarsi Gemisto),di 2.
Erano entrambi biondi, con i capelli lunghissimi e i lineamenti delicati, sì che indovinarne il sesso era problematico.
Delia, così mi sembra che si chiamasse, quel giorno non era in vena di esternazioni, scopava la strada biascicando qualcosa di incomprensibile. In preda, evidentemente, ad un tormento interiore, aveva un'aria disperatamente triste e le lacrime agli occhi.
Ebbi un lampo di genio e, rivolgendomi ai bambini, che mi avevano sopravanzato di qualche metro gridai, Benito, Claretta, aspettatemi!
I bambini si arrestarono prontamente e si voltarono per scrutare l'ultima bizzarria del loro padre.
Mi girai anch'io, perché dietro di me avevo sentito il colpo secco della ramazza caduta a terra.
Delia era lì in mezzo alla strada, che ci guardava, con la bocca spalancata dallo stupore e un guizzo di felicità negli occhi.
Poi la bocca si ricompose in un sorriso, mentre ci benediceva: bimbi santi, papà santo!

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